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Come imparano la matematica i non vedenti? Per chi ha disabilità visive le materie scientifiche possono rappresentare una doppia sfida. L’insegnamento della matematica ad uno studente cieco può essere condotto in parallelo a quello dei vedenti, con il rispetto dei diversi ritmi di apprendimento e l’ausilio di una strumentazione didattica adeguata. 

Uno tra i tanti strumenti didattici per i ciechi e gli ipovedenti è il braille, l’ alfabeto per ciechi, inventato da Louis Braille e iniziato a essere utilizzato nel 1829. Ha riportato ottimi risultati uno studio in Olanda, dalla Radboud University Nijmegen, che ha provato a introdurre il braille come aiuto a studenti ciechi in tutte le discipline, non solo nell’ambito della matematica.

” Studi comparati di neurologia e neurofisiologia hanno dimostrato che l’abilità di calcolo è, fino ad un certo punto, un corredo genetico che ci portiamo iscritto nella nostra conformazione morfologica corticale. Il circuito cerebrale, implicato nell’elaborazione di informazioni matematiche, è identico sia nelle persone cieche che vedenti. In uno studio dell’Università di Baltimora Hopkins dei ricercatori hanno chiesto a vedenti e non di risolvere equazioni da bendati misurando l’attività cerebrale: in entrambi si sono attivate le stesse aree (solco intraparietale della corteccia). Nei partecipanti ciechi si sono attivate alcune aree normalmente adibite alla vista: ennesima prova dell’adattabilità della nostra corteccia.

Nella matematica entrano in gioco, a prescindere dalla vista, le conoscenze pregresse e innate. Cade sia il discorso dell’essere portati per la matematica, sia che il concetto semplice matematico risieda nel nostro cervello sin da piccoli. 

Esiste una forte correlazione tra le fasi di sviluppo del pensiero nel bambino e gli apprendimenti nell’area logico-matematica. Le ricerche di J. Piaget e della sua scuola, attraverso migliaia di interviste-gioco con bambini delle più svariate età e dei più diversi ambienti sociali e culturali, hanno evidenziato come la maturazione di strutture  del pensiero attinenti uno sviluppo logico e matematico passi attraverso tappe ben precise con età medie abbastanza puntuali per il raggiungimento di ciascuna di esse. Per fare matematica bisogna trasformare la classe in un laboratorio, ricco di materiali, di proposte, di attività, con le quali strutturare via via la capacità di operare matematicamente, poi di pensare la matematica, di matematizzare la realtà.

Gli strumenti che il mondo mette a disposizione per persone con disabilità visiva più o meno grave possono essere un limite. Per anni si è pensato che non potessero imparare concetti logici e matematici, quando in realtà erano le modalità offerte ad essere sbagliate. Fattori diversi entrano in gioco: capacità pregresse, necessità di manipolazione attiva che prescinde dalla vista. Necessario predisporre materiali più idonei: feltri, tappeti tattili e sonori… con una corretta programmazione; non dare per scontata la capacità di studio autonomo e considerare sempre, anche nelle situazioni di residua efficienza visiva, la lentezza e la fatica del lavoro con gli ingrandimenti,”  afferma la dott.ssa in Psicologia Francesca Morelli durante l’incontro con la nostra classe. 

E continua, “…l’uso  delle tecnologie è un aspetto molto importante della nostra società. Per le persone cieche e ipovedenti l’uso delle tecnologie è un aiuto e offre nuove possibilità per abbattere le barriere di apprendimento. Un esempio di sistema è il software “Screen Reader”, che non si limita solamente a leggere riga per riga i contenuti di un testo scritto sul display ma possiede funzioni molto più complesse come il filtraggio del contenuto, la lettura di tabelle e di file PDF”. 

Franchi Luisa,Sbordone Camilla

Mayuk Nicolai. Alonzi Damiano

Classe IIID

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