X Ed. Concorso di Scrittura creativa “Percezioni di vita antica nel mio vissuto”: La porta del coraggio

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X Ed. Concorso di Scrittura creativa “Percezioni di vita antica nel mio vissuto”: Lefebvre
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MENZIONE SPECIALE: alunne Rachele Magnante, Michela Reali

Istituto Comprensivo Monte San Giovanni Campano– Scuola secondaria di primo grado “Angelicum” – Classe IIIA

Docente referente: prof. ssa Scala Lara

La porta del coraggio

La pioggia picchiava sulla finestra, cruenta e violenta. Goccia dopo goccia, la mia tensione cresceva vertiginosamente. Chi mai avrebbe desiderato recitare la parte di una “donzella” del 1400, in abiti pomposi e ingombranti, davanti a tutti gli alunni della scuola? Purtroppo toccava a me! Mi guardai le punte delle scarpe, l’unica parte che riuscivo a scorgere erano delle ballerine dorate mentre lo sguardo distratto fissava un libro di storia, lasciato aperto sul tavolino. I miei piedi avevano cominciato a muoversi da soli, battendo freneticamente sul pavimento della biblioteca, nella quale
mi ero rinchiusa da ore interminabili. In una cittadina come la mia Monte San Giovanni Campano, le notizie belle o brutte viaggiano sempre ad una velocità supersonica. Pensavo già ad una sicura figuraccia. Poi sentii bussare alla porta, alla quale faceva capolino la mia professoressa che aveva organizzato lo spettacolo.

“Ehi Giulia, ti stiamo aspettando tutti, dai!

Annuii e mi alzai dalla sedia sorpresa da uno strano rumore. Capii che proveniva dal ripostiglio. Misi la mano sulla maniglia della porta e con un gesto fulmineo la spalancai senza paura.

“Oh giovane donzella, lei più di una dea è bella! Oh fior appena sbocciato, il tuo stelo ho troncato! Dei misericordiosi, ditemi che non è vero…No, non posso aver commesso questo contro un essere così puro!”

Sbarrai gli occhi, davanti a me era apparso un vecchio signore panciuto, in abiti medievali consumati, macchiati. Con impeto poi si piegò in un inchino goffo, incrociando le gambe a mo’ di danza classica.

“E lei chi è?”- feci io stupita, spolverando il vestito mentre cercavo di mettermi in piedi. “Oh no, no mia signora, come potete non ricordarvi di me, il vostro fedelissimo e servizievole Gregorio?” “Sono il vostro stalliere, mia signora. Ho il compito di curare le sue bestiole. Il mio nome è Gregorio Desiderio di Campagna, signora.- disse l’uomo in tono supplichevole e asciugandosi le lacrime con un fazzoletto di tessuto damascato.

“Io sono Giulia.” -risposi imbarazzata e staccandomi dalla presa del signor Gregorio.

“Oh, per grazia di Dio! Oh che gioia! Musica per le mie orecchie!

“Ehm sì sì certo… -feci abbassando lo sguardo- ma perché era nascosto nello
sgabuzzino?”- chiesi sbigottita.

“Io, nel suo ripostiglio? Nossignore! Quella è l’entrata di casa sua signora! Sono venuto a svolgere il mio lavoro e a dirle cosa sta succedendo a causa di quel maledetto Carlo VIII…”

Carlo VIII??? Eh sì stava parlando proprio di Carlo VIII, re di Francia e della sua discesa in Italia nel 1494. Conoscevo bene la sua storia: Carlo VIII, re di Francia nel 1494 iniziò la sua discesa nella penisola italica per arrivare fino al Regno di Napoli. Egli durante l’avanzata attraverso alcuni stati non incontrò nessuna resistenza tranne per uno di essi. Nel 1495, infatti, solo un innocuo paesino di collina si ribellò a questa conquista: Monte San Giovanni Campano. Si narra che prima dello scontro Carlo VIII mandò degli inviati del suo Impero a convincere i governatori di Monte San Giovanni Campano ad entrare pacificamente a far parte del suo Regno. I popolani, però, con grande determinazione, rimandarono indietro gli inviati mutilati di orecchie e lingua, scatenando così la furia distruttiva dell’imperatore francese. La guerra purtroppo terminò con la vittoria di Carlo VIII. Ci furono ben 700 morti e tra questi nemmeno un nobile, poiché gli ultimi scapparono attraverso una porta che dal loro comportamento conserva ancora oggi il nome di “ Porta dei Codardi”. Credo di ricordare anche il mio voto di questa interrogazione in storia che mi procurò un bel nove!! Così il signor Gregorio mi spiegò che ci trovavamo poco prima dell’inizio della
lotta. Poi mi balenò in mente un’idea: se quello era l’uscio di casa mia, quella porta doveva per forza affacciarsi sulla strada. Scossi la testa per la confusione. Era oltremodo assurdo e surreale poi dire ad un personaggio del passato che eravamo oltre mezzo millennio dopo il passaggio di Carlo VIII. Cercai di mettere un piede fuori, ma lo ritirai pensando che non sarei più potuta rientrare nella biblioteca. Ci provai più volte, imitando una specie di balletto tradizionale, sotto lo sguardo sbigottito del signor Gregorio. Mi decisi così ad uscire: mi apparve un massiccio tavolo di legno di pino finemente intagliato. L’ambiente veniva illuminato dalle candele sorrette da umili candelabri ma la luce più grande era emanata da un
grande fuoco dentro un camino che era tanto enorme che sarei potuta entrarci dentro. Facendo qualche passo per la stanza e mi accorsi di indossare un vestito magnifico di un brillante colore verde bottiglia. Qualcosa di ruvido tra le mani mi scivolò e ciò che mi appariva tra le mani era un pezzo di pergamena accartocciato. La scrittura era irregolare da rendere quasi indecifrabili quelle brevi frasi. Lo lessi in un sussurro: “La signorina Giulia è convocata alla sede principale del C.R.S.T (Centro risoluzione dei salti temporali). In seguito alla lettura di questo comunicato,
la avvertiamo che si troverà direttamente nella sede.

Cordiali saluti – Mr. Occhio Furbo.”

Un comunicato? E cos’era questa associazione? Mr. Occhio Furbo?

Poi caddi all’indietro pensando di essere solo svenuta . Alzai la testa emozionata ma invece di trovare scaffali pieni di libri, ecco davanti ad una scrivania massiccia, ricoperta da masse informi di pergamene. Dal bordo della scrivania scorsi una testa dai capelli candidi e lisci. Dopo un fastidioso borbottio vidi avanzare due mani lunghe e bitorzolute, contorte, le unghie consumate da un nervoso mordicchiare. Era un esserino informe, forse poco più alto di un metro e mezzo. Si alzò in piedi sulla scrivania spolverando la giacca e si sporse per guardare meglio. Poi sedette al bordo della scrivania, con compostezza, afferrando aggressivamente un foglio e una penna d’oca intrisa d’inchiostro. Poi ecco la sua voce rombare con tono scorbutico.

“Come ti chiami?”

“ Giulia.”

“Anno di nascita?”

“2009.”

“Anno in cui ti trovi a causa del salto temporale?”

“1495.”

“Sai come ci sei arrivata?”

Tuonò lui alzando leggermente gli occhi dal foglio.

“No, sinceramente.”

Mi sentii particolarmente tesa quando negai di sapere il perché mi trovassi nel 1495. Egli mi spiegò che le persone che compiono salti nel tempo lo fanno volontariamente o a causa di maledizioni, e nel mio caso, questo fenomeno poteva essere definito “Deviazione spazio-temporale e scambio dell’anima.”

Mi spiegò che io e la signora Caterina del Roseto, proprietaria della casa, avevamo scambiato le nostre anime.

“Il tempo è irrazionale ragazzina, tutto può accadere. Ricorda che il giorno della battaglia decisiva contro Carlo VIII dovrai passare per la Porta della Valle e così tornare nel tuo vero anno di appartenenza. Mi raccomando, ricorda che la battaglia ci sarà tra circa una settimana, perciò inventa un modo possibile per raggiungere quella porta.”

La Porta della Valle non è distrutta? E voi non potete aiutarmi a trovare un modo per tornare a casa? E cosa diranno i miei genitori quando sarò riapparsa dopo due settimane?”

Chiesi timorosa. La Porta della Valle, un arco di pietra costruito molti secoli fa nel nostro paese e che conduceva alla chiesa principale, era ormai distrutta da tempo a causa di un terremoto e non sapevo proprio come fare per passare sotto un arco andato perso. E poi i miei genitori avrebbero palesemente pensato che fossi scomparsa e sarebbero andati nel panico. E se non avessi trovato il modo di tornare a casa, mi avrebbero dato per dispersa? “Ferma, ferma ragazzina!- ribatté l’omino- Tu hai detto che la Porta non è distrutta, non allarmarti. Seconda cosa, lo troverai di certo un modo. Terza cosa, i tuoi genitori non si ricordano di te, è come se non fosti
mai esistita, te ne sei dimenticata? Inoltre abbiamo bloccato il tempo in modo da non destare i sospetti dei possibili soggetti che potessero ricordarsi di te.”

Il fatto dei miei genitori mi fece rabbrividire ma annuii ugualmente cercando di sembrare sicura di me.

“Bene allora sbrigati a tornare nel passato e a risolvere questa questione. In bocca al lupo!”

Stavo per ringraziarlo quando il turbinio che precedentemente mi aveva trasportata nell’ufficio di quel vecchietto, il Signor Occhio Furbo, mi riportò sull’uscio della casa di Caterina, dinanzi al signore Gregorio. Alzai la testa preoccupata e imbarazzata. Vidi poi che il malcapitato era un giovane contadino che bofonchiò un po’ goffo.

Mi grattai la nuca quando all’improvviso nella mia mano compariva un altro minuscolo comunicato da parte del Signor Occhio Furbo: “La signorina Giulia e il contadino Tommaso sono convocati alla sede principale del C.R.S.T (Centro risoluzione dei salti temporali). In seguito alla lettura di questo comunicato, li avvertiamo che si troveranno direttamente nella sede.

Cordiali saluti – Mr. Occhio Furbo.”

Terminai la lettura del messaggio e il vortice avvolse me e Tommaso facendoci atterrare nuovamente sul pavimento dello studio del signor nOcchio Furbo, che borbottò fin da subito.

“Bene, signorina Giulia, dove si trova la tua casa? Hai già un piano in mente? Sei a conoscenza di passaggi segreti, piani di riserva per riuscire nella realizzazione del piano?”

Io le risposi che come prima cosa avremmo dovuto visitare il posto e farci dire qualcosa di più su strade e passaggi.

Pensai subito al signore Gregorio.

Il “mio” stalliere avrebbe potuto guidarci per le strade di una medievale Monte San Giovanni Campano e ci avrebbe svelato i segreti dell’antica cittadina.

Raggiunto Gregorio, lo supplicai di aiutarci e lui naturalmente accettò. Ci tuffammo nella visita di una Monte San Giovanni Campano, ai miei occhi completamente diversa. Da come avevo potuto capire, la casa della signora Caterina si trovava proprio al di sotto della corte, in fondo alla strada che portava al castello.

Iniziammo così il nostro percorso salendo fino a corte. Passammo quindi dinanzi alle torri, che riprendevano ancora di più l’aspetto medievale poiché proprio sul punto più in alto di esse, passeggiavano delle guardie intente a scrutare l’orizzonte e a prevenire ogni tipo di attacco. Io guardavo affascinata l’insieme che mi riportava a favole antiche e senza tempo. Passammo poi per diverse viuzze di gradoni; le case che ricordavo come disabitate, ora erano piene di vita e di colore, di odori e di donne che facevano avanti e indietro nelle piccole stanze, accompagnate spesso da bambini magrolini che le seguivano pieni d’interesse. Dalle finestre pendevano abiti gocciolanti, freschi di acqua pura di fontana. Giungeva poi un vociare soffuso da ogni casuccia che rendeva le strade come affollate. Certo, l’odore non era dei migliori, a causa delle pietose condizioni di povertà, ma spesso questo si scontrava con odori di minestre o del pane appena sfornato. Uscii da queste viuzze quasi stregata dai profumi caratteristici delle vie.

Giungemmo alla Porta della Valle e dopo aver congedato il buon Gregorio ,
tornammo alla dimora della signora Del Roseto.

Dopo alcune ore Tommaso bussò alla mia porta.

“Ecco…Io sono venuto qui per aiutarvi: c’è una strada sopra il castello che porta all’entrata della città passando fuori dal centro del paese, travestiti da contadina e vieni a lavorare nei campi per imparare a memoria la strada!” Il mattino seguente la campagna era ancora un po’ buia e il freddo non era paragonabile al respiro gelido del vento che ci colse appena uscimmo all’aperto. In fondo alla strada scorgemmo una folla di persone salire su per la collina; in poco tempo ci passarono dinanzi e con essi vi era anche Tommaso. Erano quasi tutti denutriti, il viso solcato dalla fatica e gli zigomi ridotti a spigoli da cui pendeva una pelle pallida e sbiadita.

Ecco poi una salita, piuttosto ripida e complessa ma che ci portò a pochi passi dalla Porta della Valle. Giungemmo in fondo alla collina, presso la casa di Caterina. Mi resi conto che il giorno seguente, sarebbe stato il giorno della battaglia, esattamente il 9 febbraio 1495!!

Sentii le mie guance diventare più gelide. Una volta rientrate a casa, mi misi a ragionare sul modo più sicuro per raggiungere la Porta della Valle l’indomani. Ormai si era fatto tardi ma arrivai ad una conclusione: mentre i contadini quella stessa mattina sarebbero entrati nel panico e si sarebbero affollati per sfuggire all’attacco di Carlo VIII, io avrei approfittato della confusione per fuggire a mia volta verso la Porta della Valle. Infatti fu così. Grida di donne e pianti di bambini, rimbombavano già nella strada davanti casa mia accompagnati dal suono dei cannoni. Percorsi un tratto della strada che portava in cima al castello fin quando, svoltando l’angolo, non vidi una figura a me familiare che giaceva rannicchiata a terra e cercava di proteggersi. Guardai bene l’uomo e capii che era Gregorio, ma non sapendo cosa fare continuai a correre, già pentita del gesto egoista che avevo compiuto. Ci avviammo per la strada che portava alla Porta della Valle, la quale ora non era più sgombra e deserta, ma piena di poveri contadini in preda al panico. Tra la folla intravidi Tommaso, il cui viso era disperato. Una volta uscita dall’ assembramento proseguii verso la mia destinazione. Arrivata però mi pentii dell’indifferenza provata nei confronti del povero Tommaso e di Gregorio.

Conoscevo troppo bene il finale di quello scontro infernale, perciò li supplicai di nascondersi dentro il castello. Tuttavia si mostrarono decisi a combattere e non avevano affatto l’intenzione di abbandonare i loro compagni. Mi lasciarono con questa frase: “La libertà avrà anche il nostro sangue, il nostro nome!!” Mi voltai e vidi i miei compagni di avventura correre via. Una volta entrata nel portale, non riuscii più a distinguere le loro figure. Mi rialzai e riandai spedita a recitare.

In fondo cosa era uno spettacolo in confronto ad una guerra? Così davanti ad un pubblico pronto a farmi a pezzi, cominciai a danzare divinamente. Alla fine della mia performance, fra il fragore degli applausi e i fischi di alcuni, i miei occhi si fermarono sui volti di due compagni, seduti in prima fila: Luca e Matteo. Mi sorridevano e fra le mani stringevano uno strano fazzoletto che avevo già visto da qualche parte. Le anime di Gregorio e Tommaso erano tornate a vivere in altri corpi? Questo pensiero mi balenò in testa in meno di un secondo. Sorrisi al dolce pensiero e sperai che
fosse vero!! Il passato non va mai via perché forse esiste solo un tempo…quello dell’anima!

La nostra vita è fatta di tante scelte, a volte coraggiose, altre meno.

Solo chi osa per sé e per il bene degli altri, merita tutta la nostra gratitudine.

Rachele Magnante – Michela Ranieri

Classe III A

Pubblicazione elaborati premiati
a cura del Comitato Società Dante Alighieri di Arpino APS

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