Una serie TV o un ponte con i nostri ragazzi?

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Titolo originale: 13 Reasons Why

Ideatore: Brian Yorkey

Soggetto: 13 di Jay Asher

Formato: serie TV

Genere: Teen drama

Anno: 2017- in produzione

 

“L’amore non basta a salvare una vita.”

“Però ci si può provare!”

 

TRAMA:

 

La serie è ambientata in un 2017 moderno e giovanile in cui la protagonista Hannah Baker è una studentessa 16enne del Liberty High School, una scuola come tante altre. Fin dai primi minuti del primo episodio, però, sappiamo che la ragazza si è suicidata da pochi giorni, che i suoi compagni sono sconvolti e che l’evento appare inspiegabile e ingiustificato. Tra la modernità di questi anni, Hannah decide di lasciare 7 musicassette come testimonianza del suo disagio ad inserirsi socialmente fra i suoi coetanei. Ogni lato di ogni cassetta (una per episodio) racconta una microstoria che ha per protagonista lei e un altro personaggio, tra compagni di scuola e insegnanti, che è stato causa del suo gesto. Le cassette sono numerate perché c’è un ordine nell’ascolto, infatti tutti i protagonisti devono ascoltare i nastri e passarli alla persona successiva, pena la pubblicazione delle tracce. Una escalation nelle motivazioni e nei vissuti, nelle violenze e nella disperazione, per un percorso che porta Hannah verso una scelta di non ritorno.

 

Una serie a sfondo psicologico: I temi affrontati sono tra i più vari e tutt’altro che leggeri: bullismo, abuso di sostanze, violenza sessuale sono solo alcuni di questi. Sono quei temi “scottanti” che si aggirano tra i banchi di scuola, visti con timore e mai nominati, ma che fanno immancabilmente parte delle nostre vite.

Hannah vive intensamente quello che le accade e con queste cassette lascia la sua lettera di addio che avrà conseguenze devastanti, infatti lascia nei ragazzi un turbinio di sensi di colpa, rimuginìo e ansia che si manifestano con abuso di sostanze (alcol e marijuana) e, in altri casi, con meccanismi di rimozione. Ma alla fine tutti capiranno che le loro azioni hanno un peso, anche quando le compiono con leggerezza, perché nessuno è esente da colpe e ognuno concorre a favorire o ostacolare parte delle azioni, in una vicenda di cui ogni tassello è determinante. Non è forse quello che accade nei numerosi casi di suicidio di cui veniamo a conoscenza? La colpa è sempre di tutti e di nessuno. C’è sempre qualcuno che è il bullo, ci sono i complici, ci sono gli spettatori, ci sono figure di riferimento assenti o inadeguate a gestire o anche solo a notare la situazione. C’è il tradimento, la distruzione dell’ego e della sicurezza in se stessi, c’è la violenza e la diffusione di fotografie compromettenti.

L’indifferenza dei genitori e la disconferma dello psicologo della scuola nell’unico momento in cui Hannah cerca apertamente conforto in una figura adulta di riferimento, non hanno fatto che aggravare e determinare la sua scelta. Dobbiamo sempre ricordarci che ogni azione, ogni rifiuto da parte nostra può avere sugli altri un effetto devastante.

Per la prima volta sullo schermo televisivo viene messa l’istituzione scolastica sotto una nuova luce non troppo positiva: quella dell’indifferenza che è una colpa al pari delle altre e che giustifica il chiudere un occhio, il guardare dall’altra parte, l’avere paura di volere giustizia. Che esempio vogliamo dare?

Esistono due tipi di morte. Se sei fortunato vivi una vita lunga finché il corpo smette di funzionare ed è finita, ma se non sei fortunato muori un po’ alla volta, giorno per giorno, finché non ti accorgi che è troppo tardi.

Questa è una serie che tratta argomenti delicati e che si ha sempre paura di affrontare, ma che parla anche di noi ragazzi e delle nostre generazioni. Non ci mostra il suicidio come unica soluzione anzi, ci fa vedere come quest’atto estremo è legato ad una mancanza di comprensione e di aiuto.

Tutti i docenti, i genitori e gli alunni dovrebbero vederla e andare oltre i significati apparenti perché anche adesso nel mondo ci sono milioni di Hannah Baker e sta a noi cercare di salvarle.

Francesca Morelli

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